Le due vite di Davide Oldani
Quel “Non tutti i mali vengono per nuocere” sembra calzare a pennello, parlando del percorso di vita di Davide Oldani: calciatore prima e Chef affermato e stellato poi
Un infortunio lo ha costretto a lasciare il calcio, dopo un esordio da giovane predestinato in serie c2, Davide Oldani oggi è Chef titolare del ristorante il “D’O” a Cornaredo, in provincia di Milano, ed è una delle personalità più in vista del panorama culinario. All’inizio della sua carriera professionale è stato anche allievo del maestro Gualtiero Marchesi…
Ad un convegno sull’alimentazione, organizzato dalla Dottoressa Umberta Gnutti Beretta in Santa Giulia, a Brescia, dove lei è intervenuto con alcuni luminari e ricercatori americani, ha sostenuto di praticare il digiuno almeno una volta a settimana, come disintossicazione e purificazione del corpo. Visto che è stato un calciatore, pensa che anche uno sportivo di professione potrebbe praticarlo o sarebbe invece controproducente?
Si è vero, pratico il digiuno almeno una volta alla settimana e ho riscontrato dei benefici sul mio fisico. Non mi sento però di consigliarlo a chiunque e credo che chi volesse iniziare un percorso del genere dovrebbe farlo in condivisione con un bravo medico nutrizionista. Per quel che riguarda gli sportivi in particolare, più che il digiuno settimanale, credo possa essere importante una sorta di dieta costante e finalizzata ad aumentare la performance ma anche rivolta alla ricerca del benessere generale.
Ricordiamo i suoi inizi calcistici?
Il calcio e il basket sono sport umili, si possono giocare per strada e tipicamente è proprio lì che si parte. Io la passione per il calcio l'ho sviluppata all'oratorio. Giocavi con gli amici e se eri bravo vincevi un ghiacciolo. Sono sempre stato competitivo, soprattutto con me stesso. Non mi spaventa la fatica e sognavo la vittoria. A 16 anni ero in c2.
Lei ha giocato in C quanto il calcio era molto più tecnico, ora è uno Chef stellato; è stato baciato dai talenti…
Il talento è una cosa che si misura col tempo credo; più che talento credo di possedere metodo e tenacia.
Segue ancora il calcio?
Sì, seguo ancora il calcio: ogni tanto sono meno innamorato, ogni tanto ritrovo entusiasmo. Però oggi il mio tempo preferisco dedicarlo al lavoro e alla famiglia.
Lei sognava di diventare un giocatore, ed in parte lo è stato, in un periodo storico in cui i giocatori erano delle star. Si sarebbe mai aspettato che nel 2019 la figura dello Chef avrebbe eguagliato, come visibilità e popolarità, quella di una stella del calcio?
No, non me lo sarei aspettato, sono due figure diverse in realtà; lo chef oggi ha un immagine “esposta", fa un lavoro molto duro, è una carriera lunga che si deve portare avanti per molti più anni. Si deve ragionare da maratoneta, la visibilità si ottiene dopo tanto tempo, ma prima si parte dal basso. Non ci si deve avvicinare a questo mestiere sognando la fama perché la realtà è molto diversa.
Ha ancora dei sogni?
Sogni… si certo! Continuare ad essere affamato e curioso e poi sogno di veder crescere chi lavora con me e di far crescere bene mia figlia, che ami la cucina e lo sport.
La cucina viene considerata una forma d’arte; lei trasforma materie prime povere in piatti molto tecnici, elaborati e raffinati. Lo Chef è sempre un Baggio, un Totti, un Maradona o potremmo trovare anche dei Gattuso?
Parafrasando Ligabue, lo chef è "una vita da mediano...", la persona che non vedi, ma porta il compagno a segnare. Sicuramente più Gattuso che Maradona.
E’ rimasto fedele alla provincia, dove è nato, dove ha giocato e dove oggi sorge il suo ristorante stellato. Ha preferito la provincia alla città, un po’ come fece luigi XVI quando preferì Versailles… come mai?
Il mondo è talmente grande che è piccolo. Nella vita bisogna trovare il proprio posto. Ho viaggiato molto per lavoro da giovane, ho fatto le esperienze che credevo importanti, poi ho scelto di stabilirmi nel luogo in cui mi sentivo meglio e da lì ripartire.
Come nasce la passione per la cucina, me lo racconta?
Nasce per caso. Da ragazzino mio padre mi diceva che, se volevo andare a giocare a calcio, dovevo prima aiutare la mamma a preparare il pranzo; da questo piccolo ricatto è partito il mio amore per la cucina
Mi racconta la Sua giornata da Chef?
La giornata dello chef è lunga e dura ma anche molto interessante: ci si sveglia alle 7, si va in cucina, si parla del servizio, si fanno incontri, riunioni, poi si torna in cucina e così via. Si termina la sera tardi, con il sorriso sulle labbra.
In tv ci sono molti reality e programmi culinari. Le scuole alberghiere hanno raddoppiato gli iscritti. Come legge questo fenomeno?
Credo che le trasmissioni culinarie continueranno ad essere presenti in tv, la cucina interessa e coinvolge tutti, lo show è accettabile perché rende leggera l'immagine del lavoro
Il più prezioso consiglio che le ha dato il suo “Maestro” Gualtiero Marchesi?
Lo ha dato a mio padre, dicendogli “i giovani sono come spugne: assorbono, assorbono e poi un giorno rilasciano”.
Le faccio un’ultima domanda: Quanto è importante l’alimentazione per uno sportivo?
Credo sia fondamentale per la resa, ma credo che ancora più' importante sia cercare il benessere generale anche fuori dal campo.