Ius soli? Nello sport è realtà
In pochi sanno che dal gennaio 2016 esiste una legge, il cosiddetto “Ius soli sportivo”, che permette ai minori stranieri che risiedono regolarmente sul territorio di essere tesserati presso le federazioni sportive italiane con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani
Con lo scioglimento delle Camere è definitivamente naufragata la speranza di vedere approvata in questa legislatura la legge sullo Ius soli. Una proposta di legge appoggiata anche dalla Cei attraverso le parole del presidente, il card. Bassetti: “Penso che la costruzione di un processo di integrazione possa passare anche attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sé”. Il parlamento è rimasto sordo a questo e altri appelli.
Ma, mentre la politica non ha voluto superare le divisioni, lo sport ancora una volta ha saputo anticipare i tempi. In pochi sanno che dal gennaio 2016 esiste una legge, il cosiddetto “Ius soli sportivo”, che permette ai minori stranieri che risiedono regolarmente sul territorio di essere tesserati presso le federazioni sportive italiane con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani. Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha dichiarato: “Il mondo dello sport è da subito stato il portabandiera della cittadinanza sportiva. Oggi molte persone che risiedono in Italia non sono riconosciute come italiane e per questo non possono indossare la maglia azzurra. Ma lo sport non può avere svantaggi: a tutti deve essere permesso di praticare la propria disciplina e bisogna lavorare per questo”. Allo “Ius soli sportivo” si è aggiunto proprio pochi giorni fa un l’emendamento alla legge di bilancio, seguito al movimento di opinione suscitato dalla squadra di giovanissimi rifugiati Tam Tam Basket, che permette il tesseramento annuale anche a giovani stranieri non in regola con i permessi di soggiorno, a condizione che abbiano seguito le lezioni a scuola per almeno quattro mesi. Lo sport, quindi, ha saputo applicare la regola fondamentale del buon senso. Lo dimostra anche un’ulteriore nuova norma che questa volta riguarda il mondo del calcio.
La recente modifica dell’articolo 40 delle norme organizzative della Figc prevede che per il tesseramento di un calciatore extracomunitario serva “la copia del permesso di soggiorno in corso di validità alla data di richiesta del tesseramento”, mentre prima si prevedeva che il permesso di soggiorno fosse valido fino al 31 gennaio dell’anno successivo. Si è eliminato così un ostacolo per chi è in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno. Un risultato importante per molte realtà locali ottenuto grazie ai promotori della campagna “We want to play”, alla quale hanno aderito diverse realtà sportive italiane, tra cui alcune conosciute per la capacità di utilizzare il calcio per la difesa di valori sociali importanti. Lo sport ha saputo compiere importanti passi avanti verso l’integrazione grazie ad un ampio impegno che ha visto coinvolto il mondo cattolico con le società sportive legate agli oratori. La politica saprà prendere esempio?