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di REDAZIONE 26 ott 2023 10:43

Da atleta a "medico di campo"

Alessandro Corsini è uno dei professionisti che più si stanno affermando nel mondo della medicina sportiva. Bresciano, classe 1980, dopo essere stato atleta delle squadre Federali di Sci Alpino e divenuto maestro di sci, si è laureato in Medicina e Chirurgia specializzandosi poi in Medicina dello Sport a Brescia. Dall’attività ospedaliera, nel 2015 è diventato medico sociale dell’Inter, dopo aver ricoperto lo stesso ruolo alla Feralpisalò e nella Federazione Italiana Sport Invernali. Dal 2021, è Responsabile Area Medica del Genoa e della Pallacanestro Brescia, oltre ad essere anche medico federale presso la Federazione Italiana Triathlon. Attivo dal punto di vista scientifico, è autore di diverse. Socio della Federazione Medico Sportiva Italiana dal 2006, è diventato nel 2021 Presidente della sezione bresciana. Fresca, infine, la nomina a presidente del Comitato Sport Medicine in seno alla Società Scientifica Siagascot.  


Dottor Corsini, il suo sito si apre con una frase di Lao Tze “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo”. Cosa significa questa frase per lei e come si è declinata nel suo percorso professionale?

La mia vita è sempre stata caratterizzata da un filo conduttore: ciò che ho amato da giovane mi ha portato ad essere ciò che sono adesso. Nasco nel mondo dello sport, prima da atleta, poi maestro di sci, allenatore e infine medico. La prima discesa con gli sci a 3 anni è stata lo slancio e la rincorsa per tutto il mio percorso professionale e umano.


Come nasce questo amore per lo sport e la medicina?

L’avvicinamento alla medicina nasce dalla passione per lo sport che praticavo, da qualche infortunio e dal fatto che avessi uno zio ortopedico in famiglia. Mi ha sempre stuzzicato l’idea di capire il corpo, il suo funzionamento e la performance che da esso può derivare. Arrivato al momento della scelta dell’università decisi di intraprendere la facoltà di medicina ma sempre, con l’idea, di lavorare nel mondo dello sport e della traumatologia. Come dicevo, sono stato prima atleta che medico e questo è un aspetto fondamentale: conoscere le dinamiche, i sentimenti e le agitazioni che uno sportivo può provare facilita il lavoro e permette di comprendere in maniera più celere i problemi. L’atleta non può essere inteso come un mero insieme di articolazioni ma è qualcosa di molto più profondo. Con l’esperienza nel mondo dello sci ho iniziato a capire i limiti del “medico da ospedale” che, a volte, può avere un rapporto meno diretto con l’atleta rispetto a quanto ne possa avere il fisioterapista. È fondamentale, per uno staff che assiste una squadra, saper comunicare e riconoscere le proprie qualità e i propri difetti. Con l’esigenza di essere più “medico da campo”, strettamente  “a contatto” con i miei atleti e terapisti, ho voluto avvicinarmi a loro, seguendo, appena laureato, una scuola di osteopatia per tre anni. Non avevo necessità di praticare questa disciplina, ma per essere un medico migliore avevo bisogno di poter comunicare e capire al meglio il lavoro delle persone che avevo vicino.


Le esperienze più significative nella sua vita professionale sono state nel mondo dello sci e del calcio. Quali di queste ha rappresentato il percorso più importante?

Essere riuscito a lavorare ad alti livelli nel mondo dello sci significa aver realizzato il sogno che avevo fin da bambino; il calcio, invece, è stata la realizzazione del professionista. Infine il Triathlon e la Pallacanestro sono le sfida dell’ex atleta che accetta con “agonismo” di cimentarsi in due mondi che non conosce.
In ogni caso, da tifoso interista, aver lavorato per ben sei anni nella società dell’Internazionale, è stata un’emozione incredibile. La prima volta che è venuto mio figlio più grande allo stadio, nel derby Inter – Milan del 21 ottobre 2018, incrociando il suo sguardo, mi sono reso conto del percorso che avevo fatto: è stato un forte momento di commozione.


Venendo al calcio. Come mai ci sono più infortuni oggi rispetto a un tempo?

La UEFA monitora gli infortuni annualmente e al di là delle fluttuazioni stagionali, non risulta esserci una crescita esagerata come spesso viene riferito. Solo alcune tipologie di infortuni stanno leggermente aumentando, come la rottura del legamento crociato anteriore e gli infortuni muscolari, in particolare in alcune popolazioni di atleti come le calciatrici. L’incremento di alcune tipologie di infortuni è verosimilmente imputabile all’intensità di gioco e al numero di partite che per talune squadre raggiungono ormai i limiti delle capacità di performance e recupero degli atleti. Quello che, a livello non professionistico, si può sicuramente rilevare è l'aumento nei più giovani delle patologie da sovraccarico come quelle tendinee o a carico delle cartilagini di accrescimento (come ad esempio il Morbo di Osgood Schlatter). Se per la rottura del crociato il problema si manifesta immediatamente ed è quindi facilmente stimabile, nelle patologie da sovraccarico il monitoraggio risulta essere più complicato, perché l’atleta riesce comunque a giocare ma con performance inferiori. La causa di questo fenomeno sembra attribuirsi per lo più ai terreni, al tipo di calzature, ai carichi di lavoro e al fatto che i ragazzi facciano meno sport libero all’aria aperta. Infatti, rispetto a un tempo, i nostri ragazzi sono più specializzati in un'unica dimensione sportiva determinando, così, sovraccarichi di strutture articolari specifiche. Da sottolineare che su alcune patologie l’atteggiamento dei medici e degli staff sta cambiando: si è molto più tutelanti nei confronti dell’atleta dedicando tempo maggiore alla prevenzione che alla sola cura e ricorrendo molto più raramente alla chirurgia. Grazie a questo approccio, ad esempio, a differenza di una volta, il 70% delle lesioni muscolari sono ormai molto meno gravi.


Come viene strutturata la preparazione atletica rispetto al passato?

Una volta si pensava che la preparazione atletica servisse a mettere “fieno in cascina” per garantire una performance maggiore durante la stagione. Oggi si è compreso che questa visione non può essere attuata nel calcio moderno; il lavoro durante la preparazione estiva serve a preparare al meglio l’inizio della stagione ma è il lavoro costante, quotidiano, che garantisce una maggior tenuta fisica. È cambiata la tipologia di preparazione atletica proprio perché vi è un’alta intensità nel gioco e, per questo, servono lavori specifici e personalizzati. Le lunghe corse non hanno più senso, ora dobbiamo allenare l’atleta nel mantenere alte frequenze cardiache per tanto tempo: il calcio moderno impone di correre sempre al massimo. Rispetto al passato, lo staff medico e atletico hanno a disposizione molta tecnologia che permette di concentrarsi sullo studio e l’analisi della performance e salute di ogni singolo giocatore, consentendo di individualizzare il lavoro. Questo approccio è possibile attraverso diversi test svolti ad inizio stagione mirati a comprendere le esigenze di ogni atleta, ma anche mediante il monitoraggio continuo durante l’allenamento e la vita quotidiana. In questo modo possiamo esigere, anche da un giocatore di 35 anni, prestazioni che una volta venivano richieste ad uno di 20 anni.


Quanto incide sulla mente di un giocatore l’infortunio?

Nel mondo del calcio si trovano due tipi di giocatori: il primo ha vissuto esperienze di vita forti, è maturo e sa affrontare situazioni impattanti. Questo tipo di giocatore diventa un punto di riferimento per l’allenatore ma anche per il medico e rappresenta certamente un cardine nella gestione del gruppo. Il secondo è rappresentato da ragazzi che nel percorso di realizzazione calcistica non sono riusciti a maturare del tutto e sono ancora fragili, non avendo nel loro vissuto esperienze di fortificazione interiore. È compito della società, nelle veci di ogni membro dello staff, nelle situazioni difficili, stimolare i giocatori affinché i forti possano aiutare  i deboli. Proprio per favorire questa crescita del singolo e del gruppo, negli staff sanitari delle squadre professioniste più moderne, sono ormai attive aree psicologiche utili per gestire i momenti difficili ed aiutare nel raggiungimento dell’obiettivo comune.


Dottore quest’anno è stato approvato e inserito all’unanimità lo Sport nella Costituzione italiana (art.33). Cosa ne pensa?

Lo Sport oltre che veicolo di salute è anche una vera scuola di vita. Ti insegna la sconfitta, la disciplina, la vita di gruppo ed è un compendio valoriale che può essere declinato in ogni aspetto della quotidianità. Lo sport è sacrificio in ambito familiare, scolastico, ma anche nelle amicizie e negli affetti. La realizzazione della persona nella vita e nel mondo del lavoro, passa sempre attraverso il sacrificio e la passione, valori che lo sport insegna:  lo Stato ha fatto bene a  valorizzare lo sport, perché nella società moderna c’è una impellente necessità di fortificare l’aspetto interiore delle persone e delle nuove generazioni.

REDAZIONE 26 ott 2023 10:43