Capitan Danesi vuole vincere
Quella piccola bambina che sognava, un giorno, di essere la porta bandiera della Nazionale di Volley alle Olimpiadi, oggi, è la capitana delle Azzurre di coach Velasco che inizieranno l’avventura a Parigi 2024. Mentre scherza ricordando i desideri di quella piccola Anna Danesi che guardava sognante la Nazionale in tv, la pallavolista si dice impaziente e pronta per l’inizio dei Giochi. “Vorrei che il 28 luglio fosse domani” afferma. Parigi 2024, per le italiane (prime nel ranking mondiale dopo l’oro conquistato alla Volleyball Nations League), inizierà proprio domenica 28 luglio, alle 9, contro la Repubblica Dominicana, per poi affrontare l’Olanda (il 1º agosto, alle 17) e la Turchia (il 4 agosto, alle 9).
Anna, manca sempre meno alle Olimpiadi... Come si sente?
Sto bene. Abbiamo tutte voglia di andare a Parigi iniziare e a giocare. Ormai, stiamo facendo il count down: è tutta estate che lavoriamo per questo obiettivo. Cercheremo di sfruttare al massimo gli allenamenti che ci rimangono, ma siamo pronte. Non vediamo l’ora.
L’oro in Nations League, il suo primo da capitana della Nazionale, è stato un test importante in vista delle Olimpiadi...
È un oro che ci siamo godute “il giusto”: abbiamo festeggiato, certo, ma già dopo la finale, tornate nello spogliatoio, avevamo già impresso nella mente l’obiettivo olimpico. Questa competizione ci serviva per darci fiducia, perché ci mancava da un po’. Ovviamente, siamo contente del risultato e di come abbiamo affrontato tutta la competizione che è stata un crescendo, ma credo che questo risultato ci serva, soprattutto, per ricordarci che siamo un gruppo forte. Siamo consapevoli di non aver ancora fatto niente rispetto a quello che ci aspetta. Molte volte, quando si vince, si tende poi a sottovalutare il resto: invece, noi sappiamo bene qual è il nostro obiettivo. Per quanto riguarda il mio ruolo, la possibilità di alzare quella Coppa, solo dopo due mesi dall’investitura, ha reso tutto ancora più bello.
Quando le hanno comunicato di essere la nuova capitana della Nazionale italiana, cosa ha provato?
Tanto stupore, non me lo aspettavo. In questo gruppo, ho sempre visto come capitano Myriam Sylla, atleta con un carattere straordinario. D’altronde, però, non conoscevo ancora Velasco, per cui non potevo capire perchè avesse scelto me. Dopo questi mesi di lavoro insieme, ho capito il suo spessore professionale e umano. Certo, non è un ruolo semplice, ma sono davvero onorata e grata che lui me l’abbia affidato. Da piccola, in realtà, sognavo di diventare porta bandiera alle Olimpiadi. Sono sincera, non ho mai pensato di diventare il capitano della Nazionale. Oggi ho un sogno più concreto: prendere una medaglia da capitano con questa squadra ai Giochi Olimpici. Poi vedremo. Mi lascerò stupire.
Cosa significa essere il capitano della Nazionale?
Il mio ruolo non si racchiude nell’essere capitano di 11 pallavoliste, ma di un movimento e di una Nazione intera. Io rappresento queste ragazze che vanno a Parigi a lottare per un sogno, certo. Ma quel sogno potrebbe essere lo stesso di quella bambina seduta sul divano, come ero io anni fa, che farà il tifo per noi. Essere il capitano della Nazionale ti porta ad avere delle responsabilità che vanno oltre a quelle del campo e del gioco. Ecco perché cercare di trasmettere dei valori sani e buoni è uno dei nostri obiettivi.
Con la VNL, abbiamo visto un gruppo ricaricato e più unito. Come lo vede?
In effetti, veniamo da anni complicati. E proprio per questo l’oro in VNL è stato un’iniezione di fiducia. Tra di noi siamo e sappiamo di essere una macchina da guerra: anche durante gli allenamenti, la fiducia e il sostegno reciproco sono forti. Ma ci sono sempre stati: questo feeling, secondo me, lo abbiamo dal 2018. Forse, lo avevamo semplicemente un po’ perso e la VNL ci ha aiutato a ritrovarlo. Adesso, marciamo dritte verso l’obiettivo che è chiaro e ambito da ognuna di noi: entreremo in campo a Parigi per giocare al massimo e fare il meglio possibile.
In effetti, in questa fase di cambiamento, c’è stata una vera e propria rivoluzione in panchina. Via Mazzanti, ecco Velasco. Cosa è cambiato?
Sapevamo tutte che fosse un guru della pallavolo, ma non avevo mai toccato con mano concretamente cosa significasse averlo come allenatore. Velasco ci sta aiutando tanto nella gestione del gioco e dell’errore. Stiamo lavorando su piccole cose che, spesso, sono date per scontate. Quando ce le spiega lui, tanti di questi aspetti diventano più chiari. A volte mi chiedo addirittura come abbia fatto a giocare a pallavolo fino ad ora (ride, ndr). Credo che ci abbia proprio fatto riscoprire alcuni concetti della pallavolo, anche i più semplici, che però con lui assumono un valore molto più grande.
Ha un ricordo in maglia azzurra che porta nel cuore?
Ne ho tantissimi, ma credo che quello che porto nel cuore più degli altri è la semifinale del Mondiale del 2018 vinta contro la Cina. Credo che sia stata la partita chiave di questo gruppo, quella che ci ha portate fino a oggi.
Cosa porterà di Brescia a Parigi?
So bene di essere un punto di riferimento per Brescia. E questa consapevolezza mi fa sentire molto responsabile nei confronti di tutto il movimento. Tra l’altro, mi fa sorridere che su 13 bresciani convocati alle Olimpiadi, in 4 siamo di Roncadelle: è un aspetto particolare, quasi strano, ma che mi inorgoglisce e mi conferma sempre più che lo sport bresciano è molto forte.