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22 gen 2015 00:00

Sfida impegnativa ma affascinante

Testimonianze di un impegno sul campo: l'Irc non è un'ora di preghiera o di indottrinamento

Non c'è niente di più efficace di una storia di vita, di un'esperienza maturata sul campo per cercare di far passare un concetto, di trasmettere un'idea. E così, accanto alla campagna pensata dall’Ufficio diocesano per l’educazione, la scuola e l’università, diventano di particolare importanza anche quelle che si potrebbero definire “buone prassi”: esperienze vissute da docenti e da studenti che confermano che l’Irc non è un'ora di preghiera o di indottrinamento, ma una disciplina che ha pari dignità (e pari potenzialità verrebbe da dire) rispetto a tutte le altre che fanno parte dei percorsi curricolari e che, tutte insieme, puntano alla formazione complessiva della persona umana.

“Per nove anni – afferma al proposito Antonio Viceconte – ho insegnato religione all’istituto Moretti di Brescia, probabilmente la scuola più multietnica e più multiculturale del Bresciano, una in cui sono più gli studenti stranieri rispetto agli italiani. Ma è anche un istituto in cui solo il 45/50% degli studenti è di religione cattolica; gli altri sono musulmani sik, buddisti, induisti e cristiani di diversi riti (ortodossi, riformati, etc.)”.

Una realtà impegnativa, dunque. Eppure quelli trascorsi da Viceconte al Moretto sono stati anni ricchi sia dal punto di vista professionale ma anche umano. “Le ore di religione – ricorda – diventavano veri e propri laboratori. Il punto di partenza, come prescritto dalla normativa di riferimento erano cristianesimo e il suo patrimonio storico e culturale. Da qui, però, partivamo per approfondire la conoscenza delle diverse religioni del mondo, in un clima di confronto e di dialogo”. Un metodo che gli studenti, al di là della religione professata, hanno dimostrato di apprezzare.

"La loro risposta – afferma ancora il docente oggi in servizio all’istituto Mantegna, sempre a Brescia – è sempre stata molto positiva, perché apprezzavo lo sforzo di trovare tratti in comune tra le diverse religioni e l’analisi delle differenze esistenti dimostrando come queste non dovessero necessariamente trasformarsi in elemento di divisione o di emarginazione e o discriminazione”. Quella che sta vivendo al Mantegna è un’esperienza leggermente diversa, ma ugualmente importante.

“Qui – afferma Viceconte – è meno marcato l’aspetto della multiculturalità. Anche qui, però, non bisogna rinunciare a mettere in relazione fra loro culture diverse. In questa prospettiva l’insegnante di religione cattolica ha un ruolo importante, perché può aiutare, fare sintesi per mettere i ragazzi nelle condizioni di confrontarsi e di vivere anche i momenti delle paure e delle tensioni nell’ottica della riflessione e del confronto costruttivo”. I recenti fatti di Parigi, è l’ultima sottolineatura di Antonio Viceconte,hanno impresso un’accelerata a questo confronto, perché, proprio nella scuola, grazie all’ora di religione gli studenti hanno l’opportunità di approfondire senza falsa retorica temi come quello del dialogo.

Esperienze importanti esistono anche dall’altra parte della barricata, quella degli studenti, come conferma Lucilla, liceale 18enne. “Quello della religione cattolica – afferma – è un insegnamento molto importante per la nostra formazione complessiva di studenti. Non è, come qualcuno afferma, uno spazio di indottrinamento. Nel corso della mia esperienza scolastica ha permesso a me e a tanti miei compagni di trattare in modo complementare argomenti e questioni affrontate in altre materie”. Lucilla ha così avuto l’opportunità di vivere l’insegnamento della religione come occasione di confronto e di dialogo non solo con l’insegnante, ma anche con studenti che avevano idee, convinzioni e sensibilità diverse dalle sue.
22 gen 2015 00:00