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di GUIDO COSTA 12 ott 2017 12:59

Società: ricerca sempre difficile

Ha fatto bene il Governo a porre la questione di fiducia sugli articoli chiave della nuova legge elettorale? Per cercare una risposta bisogna avere la pazienza di mettere assieme i cocci politici di questo ultimo anno

Ha fatto bene il Governo a porre la questione di fiducia sugli articoli chiave della nuova legge elettorale? Per cercare una risposta bisogna avere la pazienza di mettere assieme i cocci politici di questo ultimo anno. Perché una legge elettorale c’è, ed è l’Italicum, pensata e approvata però solo per la Camera, visto che in parallelo si era definita una riforma costituzionale che avrebbe portato il Senato a non essere più direttamente elettivo. Ma il referendum del dicembre 2016 ha bloccato il superamento del bicameralismo. Ci si ritrova cosi con due leggi elettorali diverse: quella per l’elezione alla Camera è un proporzionale con premio di maggioranza alla lista che raggiunge il 40% dei voti, non prevede coalizioni e ha una soglia di sbarramento al 3%; quella per il Senato è un proporzionale senza premio di maggioranza e prevede la possibilità di presentarsi in coalizioni.

Armonizzare i sistemi è dunque questione di buon senso. Il problema è che le leggi elettorali sono da sempre un terreno di scontro durissimo tra i partiti, perché qualsiasi regola determina potenzialmente dei risultati nuovi, più o meno favorevoli. Per questo farsi carico di una proposta è sempre rischioso. Ma quella che oggi arriva alla Camera è frutto di un’intesa che va oltre la maggioranza e che comprende Partito Democratico, Forza Italia, Lega e Alternativa Popolare. Il testo licenziato dalla commissione Affari Costituzionali prevede l’elezione di due terzi dei seggi con il sistema proporzionale (con un listino di candidati corto e bloccato) e di un terzo con quello maggioritario, stabilisce che i partiti possono dare vita a delle coalizioni, non consente il voto disgiunto e fissa al 3% la soglia che un partito deve superare per entrare in Parlamento che diventa il 10% per la coalizione. È una mediazione che sulla carta ha i numeri per essere approvata. Sulla carta. Bisogna infatti considerare che per i parlamentari in carica, discutere di collegi, sbarramenti, premi e coalizioni significa vedersi continuamente dentro e fuori il palazzo, rieletti e sconfitti a seconda di come vanno definendosi i particolari. Su questa inquietudine puntavano evidentemente partiti e i movimenti fuori dall’intesa. La decisione del Consiglio dei Ministri di ricorrere al voto di fiducia facilita il percorso della legge che avrà comunque un passaggio delicatissimo venerdì con un voto finale sulla riforma che sarà a scrutinio segreto. Intanto sulla piazza va in scena tutto e il contrario di tutto...

GUIDO COSTA 12 ott 2017 12:59