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di LUCIANO PACE 27 apr 2017 10:54

Pedagogia della tartaruga

Uno sguardo sul tempo nella scuola sapendo che a dominare l'apprendimento non è la fretta ma ala pazienza e che la occasioni fuori aula, come le gite scolastiche, non sono perdite di tempo, ma preziose possibilità di interfacciare a più livelli delle vite dei docenti e degli alunni nella scoperta della saggezza e della solidità della tartaruga verso il traguardo.

“Ragazzi, non c’è tempo: dobbiamo andare avanti; siamo indietro con il programma!” Quante volte a scuola si sentono affermazioni di questo tipo. La fretta, il correre, il competere come in una corsa contro il tempo diventano così, di fatto, l’ambiente scolastico quotidiano. Ma un simile ambiente è idoneo all’apprendimento? Non si potrebbe imparare passeggiando sui sentieri della cultura o stando fermi ad ammirare con calma e serenità ciò che è frutto della creatività umana? Dentro la frenesia dell’anno scolastico, le gite scolastiche sono l’occasione per rallentare e godere di ciò che si è imparato. Gli studenti le immaginano come momenti più rilassanti di apprendimento, nei quali la frenesia dell’aula e stemperata.

Le gite, infatti, hanno il potere di far vivere in poco tempo un clima di apprendimento che, fra molte altre, ha le seguenti regole. La prima: per imparare a conversare serve perdere tempo per ascoltarsi a vicenda. La grammatica e la sintassi della lingua studiata in aula sono a servizio della capacità di dialogo. La seconda: muoversi e camminare ti permette di osservare dal vivo le meraviglie del mondo conosciute solo in internet o sulle pagine di un libro. La terza: gli apprendimenti scolastici sono un vero bagaglio di competenza da mostrare non solo ai propri insegnanti nelle interrogazioni. Per esempio, nell’ultima gita cui ho partecipato ho ascoltato emozionato alcuni studenti che suonano il pianoforte. Sapevo che lo suonavano: c’era scritto sul registro elettronico. Tuttavia, sentirli suonare dal vivo il pianoforte nella casa degli Schumann, senza alcuna partitura di fronte agli occhi, mentre altri visitatori della casa si siedono ad ascoltarli, in un silenzio in cui si ode solo l’esito del picchiettio delle dita sulla tastiera… è stato per me – e credo per loro e per tutti i presenti – un’altra storia.

Il tempo da loro “perso” per imparare a suonare, lì si è “ritrovato” in tutta la sua chiara bellezza. Quanto contano simili esperienze rispetto a ciò che in fretta e furia compiamo in aula? Come insegnanti siamo persuasi dalla logica della lepre che corre per vincere, ma non ama il percorso che compie facilmente? Oppure, almeno idealmente, conserviamo ancora in un angolo della consapevolezza la solidità della tartaruga: un passo alla volta, incurate di chi la beffeggia, protetta dal fermo guscio della dedizione per giungere al traguardo, perdendo il tempo necessario.

LUCIANO PACE 27 apr 2017 10:54