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di LUIGI DOMENIGHINI 05 ott 2017 09:30

Famiglia. Educazione e pedagogia

Noi genitori, tutti i giorni (e più volte al giorno), facciamo una cosa concreta: educhiamo i nostri figli. Una “cosa concreta” perché è un insieme di atti, comportamenti, fatti, parole, che hanno una consistenza reale

Noi genitori, tutti i giorni (e più volte al giorno), facciamo una cosa concreta: educhiamo i nostri figli. Una “cosa concreta” perché è un insieme di atti, comportamenti, fatti, parole, che hanno una consistenza reale. Questa è l’educazione. Se però ci fermiamo un momento e incominciamo a riflettere, a porci delle domande circa il nostro educare, allora facciamo della pedagogia, che è appunto la “riflessione” sull’educazione, ovvero la “scienza dell’educazione”. E allora diventiamo un po’ pedagogisti e analizziamo le domande che più spesso ci poniamo. La prima: “Qual è lo scopo dell’educazione? Dove voglio arrivare? Dov’è il fine? Come vorrei che fosse mio figlio diventato uomo?”. La pedagogia tradizionale ci dice che si educa all’obbedienza, si formano i giovani, si inculcano buone abitudini, si danno consigli, ecc. Cose buone certo, ma si può migliorare se cominciamo a pensare che la nostra azione educativa vuole fare di questo nostro figlio (alunno, studente, allievo) un uomo… “libero”, capace di prendere le sue decisioni e di assumersene relative responsabilità. La seconda domanda: “Vale la pena di dedicare molto tempo all’educazione, di impegnarsi costantemente, di spenderci dei soldi?”.

Certo! Perché il miglior investimento delle nostre energie, del nostro tempo, e anche del nostro denaro è nell’educazione. Se avremo successo in questa specifica attività i risultati ci saranno, avremo un “ritorno” in comportamenti maturi, elevati e duraturi. Un’altra domanda poi ce la poniamo quando diventando i figli più grandicelli non si confidano più con noi, non parlano, non sono più limpidi nei comportamenti e ci nascondono qualcosa. “Che risposta dare?”. Indubbiamente serve, in primis, un atteggiamento di “rispetto” anche nel disagio di rapporti difficili; poi che rimanga ben chiaro che il nostro affetto non cambia; infine molta attenzione a lasciare ai figli lo spazio e il tempo affinché possano parlare con noi, perché questo spazio e questo tempo troppe volte non ci sono, confermandoli sempre che noi siamo sicuri che tutti in casa, figli compresi, quando parlano dicono cose vere. Infine una domanda che spesso ci poniamo riguarda il bene e il male: “Come faccio a far loro capire ciò che è bene e ciò che e male; a dimostrare che il bene è bello, desiderabile, appagante?”. Vale certo la pena di dire che il bene c’è; che ci sono tante persone al mondo che cercano ciò che è buono, che lavorano per migliorare la casa, la famiglia, la società in cui vivono.

LUIGI DOMENIGHINI 05 ott 2017 09:30