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di STEFANO DE MARTIS 21 set 2017 15:07

Di Maio, Renzi e Salvini?

Persino, infatti, nel caso in cui uno dei tre poli dovesse conquistare il premio di maggioranza che scatta alla Camera per chi raggiunge il 40% (traguardo che appare largamente fuori dalla portata di tutti, ma teoricamente possibile), al Senato non ci sarebbe alcun premio per il semplice motivo che la legge elettorale in vigore non lo prevede. Se tale normativa non sarà modificata, sarà un’impresa

L’approssimarsi dell’appuntamento con le urne (secondo le analisi dei “quirinalisti” la data più probabile per il voto è all’inizio di marzo, con scioglimento delle Camere tra fine anno e l’Epifania) ha acceso i riflettori sulla scelta dei personaggi che rappresenteranno le forze politiche, singole o aggregate, nella competizione elettorale. Fino a poco tempo fa si sarebbe parlato semplicemente di leader, ma la prospettiva di andare a votare con un sistema proporzionale ha scardinato i meccanismi introdotti dal sia pur parziale e imperfetto maggioritario all’italiana.

In particolare l’idea che i partiti o gli schieramenti si dovessero presentare agli elettori con un candidato premier e che il voto avrebbe determinato sostanzialmente – fatte salve le prerogative del presidente della Repubblica – la nascita di questo o quel governo, guidato dal capo della forza politica vincente. È quel che accaduto – pur tra le mille contraddizioni note – con i governi Berlusconi e Prodi. Quest’idea, per la verità, è andata in crisi già all’inizio di questa legislatura, nata senza che dalle urne fosse uscita una maggioranza definita in entrambi i rami del Parlamento, e la crisi istituzionale che ne è scaturita si è riverberata persino sull’elezione del Capo dello Stato, con l’inedito secondo mandato del Presidente uscente, Giorgio Napolitano.

Ma stavolta l’assenza di una maggioranza indicata dal voto non è solo un rischio connesso all’intrinseca incertezza del risultato in libere elezioni democratiche, quanto l’esito prevedibile e abbondantemente previsto di un quadro politico che vede tre poli grosso modo equivalenti e di un sistema elettorale che fotograferà questo assetto. A meno di sviluppi positivi improbabili dell’ultima proposta di legge elettorale in senso maggioritario presentata in questi giorni dal Pd (il Rosatellum ritoccato) nessun governo stabile è all’orizzonte.


STEFANO DE MARTIS 21 set 2017 15:07