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Brescia
di R. GUATTA CALDINI 09 giu 2015 00:00

Padre Toffari a Maroni: "No alle minacce"

Sono di ieri, domenica 7 maggio, le affermazioni di Maroni sui tagli ai Comuni che volessero accogliere i richiedenti asilo sul proprio territorio

“Taglio dei trasferimenti ai Comuni che accolgono i migranti”. Questo è il monito di ieri - domenica 7 giugno, del governatore della Lombardia Roberto Maroni - rivolto a prefetti e sindaci intenzionati ad accogliere i richiedenti asilo sul proprio territorio. "È un fatto gravissimo - afferma Maroni -. Domani scrivo una lettera ai prefetti lombardi diffidandoli dal portare in Lombardia nuovi clandestini, poi anche ai sindaci dicendo loro di rifiutarsi di prenderli. A quelli che dovessero accoglierli ridurremo i trasferimenti regionali come disincentivo alla gestione delle risorse".

Delle esternazioni del governatore ne abbiamo parlato con padre Mario Toffari, direttore dell’Ufficio migranti della diocesi di Brescia.

Innanzitutto le chiedo un commento a caldo alle esternazioni di Maroni.

La prima reazione è stata di rabbia… Il problema va inquadrato abbastanza bene: non si tratta di dire che noi dobbiamo prendere tutti, accettare tutti. Anzi. Va portato avanti un discorso europeo: non si può pensare che l’Italia possa accogliere tutti. Anche il primo ministro è stato abbastanza chiaro. Delle soluzioni vanno trovate… Quello che ha mi ha dato fastidio è stata la minaccia. Vorrei che qualche giurista, mi auguro che qualcuno senta la mia voce, si pronunci in merito alla possibilità che di fronte a tali esternazioni si configuri l’ipotesi di abuso d’ufficio. Quella di Maroni non è più un’opinione o una presa di posizione. Qui c’è una minaccia: “Se tu non fai quello che dico ti taglio i trasferimenti”. Può un presidente di Regione fare una cosa del genere? Tutto questo mi dispiace, perché Maroni, che si pone quale emblema di legalità, in questo modo favorisce l’illegalità: con questo atteggiamento anche gli altri continueranno a minacciare con slogan del tipo, “se non ci dai la tal cosa scendiamo in piazza e creiamo disordini”. Sulla strada delle minacce reciproche non inquadreremo mai i problemi, continueremo a risolverli a forza di provocazioni. Non voglio scendere sul campo prettamente politico, non mi occupo di questo. Se adesso, che in alcuni Comuni andiamo ai ballottaggi, si scende alle minacce… Ripeto, mi dispiace, perché il governatore della Lombardia mi era simpatico.

Sembra che si voglia portare avanti uno scontro di civiltà…

Io questa mattina ho detto la Messa per i martiri cristiani, per coloro che soffrono la persecuzione. Dobbiamo guardare i problemi nella loro complessità: non possiamo dire che le cose vanno tutte bene. La “bomba” dei migranti in fuga dalla Libia è un fatto, il continuare a fuggire e lasciare i territori a chi usa la violenza è un altro: sono fatti che vanno affrontati, ma di certo non attraverso gli slogan. La domanda principale è questa: un governatore può tagliare i fondi ai Comuni? Anche se non commettono alcun reato… Non mi risulta che accogliere le persone mandate dal Ministero dell’Interno sia un reato. Ho rivisto tutti i gruppuscoli che vanno in piazza dire: “Se non fate così noi spacchiamo”. Ho visto la stessa dinamica.

Chi sostiene la linea di Maroni asserisce che il territorio lombardo non è più in grado di offrire accoglienza. Lei conosce bene la realtà bresciana. Di che numeri stiamo parlando?

Il problema non risiede nell’essere o meno in grado… Brescia, se non erro, non arriva ai mille migranti accolti (fra i 600 e gli 800). Sono perfettamente d’accordo con il fatto che l’accoglienza vada regolamentata, che bisogna mandare via chi ha sfruttato tutto questo per fare altre cose…per capire chi sono veramente i richiedenti asilo, in modo da non gravare più di tanto sulle popolazioni che qui vivono. D’accordissimo. Ma da questo al dire che qui non c’è posto per nessuno… Siamo di fronte a un’emergenza. Dobbiamo tutti tirarci su le maniche e vedere cosa si può fare. Del resto, in questa fase, non si tratta di dare accoglienza a tutti. Noi li accogliamo, momentaneamente, per poi portare avanti un piano affinché queste persone non siano più costrette a fuggire e perché l’Italia non sia costretta ad essere l’unico Paese impegnato nell’accoglienza.

C’è poi la questione del Trattato di Dublino: vorrei sapere quale Governo ha firmato il Trattato secondo il quale si può richiedere asilo solo nel Paese in cui “metti piede per primo”. Esempio: se tu arrivi in Italia con il barcone non puoi essere trasferito da un’altra parte. Vorrei sapere chi è che ha avuto il coraggio di firmare un simile Trattato sapendo che l’Italia ha 3000 km di coste e che, evidentemente, insieme alla Grecia eravamo i più esposti. L’unica ragione alla firma di tale Trattato risiede nel fatto che al tempo della stipulazione la grande emigrazione avveniva attraverso i valichi di Trieste e del Friuli. Si era pensato di fare i furbi… sottovalutando il fatto che un giorno sarebbero arrivati a migliaia e migliaia dalle altre parti.
Al di là di questo, quando mi sento minacciato per questioni umanitarie francamente la mia reazione è no: no alle minacce, da parte di nessuno. Né da chi va in piazza, né da chi sta al Governo. Dobbiamo ragionare.

R. GUATTA CALDINI 09 giu 2015 00:00