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Roma
di EMANUELA VINAI (AGENSIR) 17 mar 2015 00:00

Benvenuti fra quelli che un padre e una madre

Dolce & Gabbana si esprimono contro la pratica dell’utero in affitto e parte il tiro a bersaglio contro di loro da parte dello Star System internazionale. A cominciare da Sir Elton John. Hanno provato come si vive nella terra dove se osi esprimere un pensiero autonomo in tema di famiglia, si alza la contraerea mediatica e parte il boicottaggio

Ma una parola di solidarietà per questi due giovanotti la vogliamo spendere? Dopo l’intervista rilasciata a “Panorama” in cui, in tutto candore, il duo di stilisti Dolce & Gabbana si è permesso di dire che i bambini nascono da un padre e una madre, si è scatenato un diluvio di male parole capitanato da chi si è sentito punto nel vivo. Cosa avranno mai detto di così scandalosamente deprecabile? Riportiamo per completezza d’informazione: “tu nasci e hai un padre e una madre... per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre... Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni”. E, poco più sotto: “Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”. Apriti cielo!

Benvenuti nel club Stefano & Domenico, avete infranto l’ultimo vero tabù: esprimere un’opinione dissenziente su un tema sensibile. Benvenuti nel nostro mondo, quello in cui ogni giorno ci sforziamo di far capire che 1+1 fa sempre 2 e che l’erba è verde. Benvenuti dal nostro lato, quello in cui se insisti a non omologarti al pensiero relativista sei solo un omofobo. Benvenuti nelle nostre piazze silenziose, dove il solo fatto di stare in piedi, zitti, a leggere un libro per ricordare che è legittimo pensare che la famiglia sia una, si viene insultati, strattonati, derisi, vilipesi. Benvenuti tra chi non ritiene disonorevole continuare a pensare che i bambini abbiano bisogno di un papà e di una mamma e per questo si viene considerati retrogradi, oscurantisti e financo un po’ fascistoidi. Benvenuti nel mondo libero, in cui siamo tutti Charlie eh, per carità, ma solo finché diciamo quello che vogliono sentirsi dire. Benvenuti nella terra dove se osi esprimere un pensiero autonomo in tema di famiglia si alza la contraerea mediatica e parte il boicottaggio, così che bisogna affrettarsi a spiegare, a precisare, a ritrattare, a scusarsi pena l’ostracismo sociale e non solo. Un ostruzionismo becero, un tiro al bersaglio comunicativo, un sabotaggio preventivo che ha il sapore di un’intimidazione mafiosa.

Avete appena sperimentato che basta dire “anche no” che è subito intolleranza (“Quanto odio!”), è subito polemica (“Faccio un falò dei vostri vestiti”), ma soprattutto è subito lesa maestà (“Come osate!”). Caro Sir Elton John, senza nulla togliere ai suoi bellissimi bambini, e ai bellissimi bambini di Ricky Martin o di Miguel Bosé, tanto per non far nomi, potreste tutti quanti spiegare da dove sono arrivati questi figli? Sotto un cavolo o li ha portati la cicogna? No, perché fino a prova contraria c’è ancora bisogno di una donna per portare in grembo nove mesi un bambino e per partorirlo. Si chiama mamma e, al momento, non c’è utero artificiale che tenga, ancora da lì bisogna passare. Tra l’altro, esimio baronetto, ci tolga una curiosità, quando si renderà conto che le stesse cose, con altri termini, le sostiene anche Papa Francesco (“La ‘falsa compassione’ di chi ritiene sia una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio considerato come un prodotto invece che come un dono”, ai Medici cattolici 15/11/2014), cosa farà? Promuoverà il movimento mondiale #boycottPope? E allora, scomodiamo Elio e le Storie Tese e #boycottanchemiocuggino che la pensa come il Papa e come centinaia di migliaia di persone.

Ebbene sì, lo confessiamo davanti a qualsiasi tribunale rivoluzionario: pensiamo che non sia motivato comprarsi quel figlio che, per natura intrinseca, non si può proprio avere, privandolo consapevolmente di una madre. L’utero in affitto è la forma più bieca di sfruttamento del corpo femminile, una riduzione in schiavitù sotto contratto commerciale che deve essere combattuta con forza proprio dalle donne. Anni di rivendicazioni femministe e siamo al punto di partenza?
EMANUELA VINAI (AGENSIR) 17 mar 2015 00:00