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Brescia
di PAOLA SPAZZINI E ANTONIO CONSONNI 18 gen 2018 08:49

Dialoghi su scuola e innovazione

I nostri figli crescono e cambiano. Le loro crescite impongono alla scuola nuove scelte, nuovi orientamenti. Ma non sempre la scuola è all’altezza di questo compito. Qualcuno tuttavia si accorge che la scuola così com’è non si lascia interpellare da questi figli reali, dai cambiamenti della società e da visioni di futuro più audaci.

I nostri figli crescono e cambiano. Le loro crescite impongono alla scuola nuove scelte, nuovi orientamenti. Ma non sempre la scuola è all’altezza di questo compito. Qualcuno tuttavia si accorge che la scuola così com’è non si lascia interpellare da questi figli reali, dai cambiamenti della società e da visioni di futuro più audaci.Con questa rubrica "dialoghi su scuola e innovazione" vogliamo dare voce ad alcuni protagonisti della scuola italiana – insegnanti, dirigenti, genitori - che, nelle loro scuole (a volte periferiche) stanno attuando stili didattici ed educativi che annunciano già nel presente qualcosa di buono per il futuro per il bene dei figli affidati. Essendo "dialoghi" speriamo che le interviste possano suscitare approfondimenti, reazioni e nuovi orientamenti in tanti amici che ogni giorno educano e fanno scuola alle giovani generazioni

Perché la scuola italiana ha fatto la svolta delle competenze? E che cosa si intende per competenza?

La svolta sulle competenze è stata una riflessione introdotta nel sistema scolastico italiano negli anni Settanta da Michele Pellerey, dell’università Salesiana di Roma.Nella scuola del nostro Paese questo concetto ha fatto fatica a prendere piede perché le nostre istituzioni sono legate al concetto di valutazione, alla misurazione della prestazione. Negli anni ci si è accorti che tale misurazione non rendeva giustizia né alle capacità degli allievi né al loro inserimento professionale. Spesso alunni con voti alti non ottenevano un successo formativo pari ai loro voti. Ci si è resi conto che era necessario dare agli studenti informazioni più chiare rispetto a quello che, al termine di un percorso scolastico, erano in grado o meno di fare. L’ottica con cui si è iniziato a ragionare è quella del long life learning e riguarda ciò che le persone in contesti di vita reale sono in grado di fare. Ecco quindi che la competenza si definisce come un insieme di conoscenze e di abilità allenate. Recentemente nella scuola, oltre alle conoscenze e alle abilità, gli insegnanti hanno iniziato a valutare anche le attitudini, le propensioni personali. Si è capito che non si può considerare la competenza di un alunno senza prendere in considerazione le sue passioni. Quindi a quello che la scuola trasmette a livello di contenuti c’è da aggiungere l’abilità che il bambino porta con sé, ma anche le curiosità che la scuola stessa riesce a suscitare e promuovere, sostenendo lo sviluppo della competenza.

La scuola per competenze in che cosa si differenzia rispetto a quella che i genitori hanno vissuto?

La istruzione italiana è molto centrata sulla trasmissione delle conoscenze. Fino a vent’anni fa la scuola era uno dei pochi canali che permetteva agli alunni di accedere a un certo tipo di conoscenza. Oggi le possibilità di accesso alle informazioni sono centuplicate. Il ruolo della scuola è quello di sviluppare negli alunni le capacità che permettano loro di prendere quella conoscenza e di farne qualcosa. La scuola tradizionale era più teorica e centrata sulla scoperta dell’alunno, che cercava di comprendere a cosa gli servisse ciò che gli era stato trasmesso. Oggi invece le conoscenze hanno un’immediata ricaduta nella realtà, perché la scuola può sperimentare le competenze che trasmette ai propri alunni, facendogli vivere delle prove di realtà in contesti reali, per far loro capire quanto sono competenti nella soluzione di alcuni problemi. Il problema reale infatti mette in campo una serie di competenze che la scuola riesce a valutare. Vedendo come gli studenti se la sono cavata e quali competenze sono state usate per portare a termine il processo.

In una scuola che ragiona per competenze non esiste più il voto ma tanti genitori sono ancora molto legati a esso. Come ci si può educare a questo cambiamento?

La Scuola Cerioli di Orzinuovi ha riflettuto su questo: ci si è chiesti se fosse meglio introdurre le competenze cancellando i voti oppure se fosse  necessario mantenere per un periodo il doppio canale. Entrambe sono scelte abbordabili. In alcune realtà è stato mantenuto il doppio canale, in altre è stato fatto un cambio repentino. Il problema della valutazione delle competenze si pone alla famiglia nel momento in cui non c’è informazione e formazione su ciò che sta cambiando. Alla Cerioli, grazie allo stretto legame che c’è con le famiglie, è stato possibile effettuare un cambio repentino, si è scelto di supportare la scuola del gratuito (senza voti, ndr) anche attraverso la programmazione per competenze. Tuttavia non tutte realtà scolastiche hanno fatto questo salto. Credo che sia compito di ogni scuola forzare la mano, educando i genitori rispetto al tipo di feedback che gli insegnanti danno della maturazione dei loro figli.

Nella scuola della Cerioli lei e la sua équipe state portando avanti un progetto sulla didattica per competenze. Come l’avete impostato? Ci saranno scambi tra scuole?

Si tratta di un progetto triennale durante il quale gli insegnanti lavorano sul concetto di competenza. Il primo passo è capire che cos’è una competenza. Una volta fatto questo, siccome il Ministero ci chiede al termine del quinto anno di scuola primaria e della scuola secondaria di I° grado, la compilazione della scheda delle competenze, si è reso necessario un percorso su come si valutano queste competenze. Il Ministero declina le competenze, ma il lavoro che abbiamo fatto alla Cerioli è stato quello di prendere il traguardo di arrivo e declinarlo anno per anno. Ci siamo chiesti quali fossero le competenze da valutare per un insegnante che lavora in terza primaria o in prima secondaria. Abbiamo dunque creato degli step, abbiamo ricalibrato tutto e costruito una bozza di curricolo trasversale delle competenze. Abbiamo esteso questo curricolo anche alla scuola dell’infanzia, per abituare i genitori a ragionare per competenze. Alla Cerioli gli insegnanti, dall’infanzia all’ultimo anno della secondaria, hanno chiaro quale traguardo devono raggiungere.

Il secondo step del nostro percorso sono state le prove realtà. In due diversi momenti all’anno viene proposto ad ogni classe un problema di vita reale (ad esempio: organizzare una gita, una piccola recita o l’open-day della scuola). Durante queste prove di realtà gli studenti devono mettere in campo tutte le loro competenze (di italiano, matematica, arte, devono saper organizzare lo spazio…). Queste competenze sono messe alla prova in un contesto reale e permettono agli insegnanti di valutare ogni studente. Con la mia équipe composta da Alessandra Laboranti, Valentina Guerini, Giorgio Adriano, abbiamo condiviso un format che dà agli insegnanti le istruzioni per organizzare una prova realtà. All’interno di questo format ci sono anche le istruzioni per gli alunni e le griglie di valutazione che permettono a fine prova di valutare il livello di competenza raggiunto dagli alunni.

La terza fase del progetto, quella che con la mia équipe stiamo vivendo oggi, è di creare un catalogo che raccolga tutte le prove di realtà che sono state fatte negli istituti in cui lavoriamo, in modo che ogni classe, di ogni ordine di scuola abbia dei canovacci da cui prendere spunto. L’obiettivo è quello di creare un database che ci consenta di metterle tutte in comune per permettere alle diverse scuole di parlarsi e di confrontarsi. Lo scorso anno, durante il convegno della FIDAE a Milano, abbiamo fatto un primo esperimento in questa direzione. Il passo successivo è quello di passare da una condivisione verbale a qualcosa che possa rimanere, attraverso la realizzazione di un sito internet, accessibile a chi frequenta i nostri corsi formazione, dove trovare modelli di prove realtà per ogni ordine di scuola. Prove di realtà costruite tutte seguendo lo stesso modello e la medesima base teorica. In primavera dovremmo essere pronti per presentare tutto questo lavoro in un convegno della FIDAE. La speranza è di invitare le scuole che hanno maggiore libertà di movimento, di solito quelle paritarie, ad aderire al progetto prendendo spunto per adattarlo poi alla propria realtà. In un paio d’anni vorremmo riuscire ad andare a regime.

Si tratta certamente di un progetto ambizioso, ma credo che costruire una rete tra le scuole paritarie sia fondamentale. Sarebbe anche bello poter fare dei corsi di formazione condivisi se più scuole si unissero. Il sogno poterebbe essere questo per poter un domani raggruppare per aree gli insegnanti di diverse scuole. Certo per ottenere questo risultato è necessario un livello di coordinamento superiore, ma credo che non sia impossibile. Anzi penso che la FIDAE, la Federazione delle scuole cattoliche, possa spingere in questa direzione, cercando di superare il problema organizzativo.

Gianluca Daffi. Chi è ?

Laureato in Psicologia, è formatore e collabora con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano e con lo SPAEE, Servizio di Psicologia dell’Apprendimento in Età Evolutiva dello stesso ateneo. Progetta e conduce corsi di formazione e aggiornamento professionale per insegnanti e formatori. Insegna presso vari enti pubblici e privati nell’ambito dei percorsi per l’assolvimento dell’obbligo formativo. Si occupa, tra l’altro, di problematiche legate alla formazione, valutazione delle competenze e inserimento lavorativo dei soggetti disabili, del rapporto scuola-famiglie e della gestione di progetti finanziati dal Ministero del Lavoro a sostegno dello sviluppo delle competenze professionali degli operatori delle scuole paritarie.


PAOLA SPAZZINI E ANTONIO CONSONNI 18 gen 2018 08:49