lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Concesio
di REDAZIONE 09 mar 2017 12:54

La donna nella Chiesa

Suo Enrica Rosanna è la protagonista del libro-intervista curato da Giuseppe Mari "La donna nella Chiesa e nel mondo". Figlia di Maria Ausiliatrice, è stata la prima donna sottosegretario di un Dicastero Vaticano

Qual è il ruolo della donna all’interno della Chiesa?

Per rispondere alla domanda penso si debba scavare profondamente “dentro” l’intuizione di San Giovanni Paolo II sul “genio femminile”, il Pontefice che ha aperto la strada alle riflessioni successive sulla “Teologia della donna”, auspicata anche recentemente da Papa Francesco. Mi commuove pensare che Giovanni Paolo II, non solo ci ha regalato alcuni splendidi documenti sulla missione della donna nella Chiesa e nel mondo – in primis la Mulieris dignitatem -, ma ha cercato di comunicare con la nostra intelligenza e il nostro cuore e, nello stesso tempo, si è impegnato a sensibilizzare il mondo ai nostri problemi.

Si è messo in ascolto delle donne offrendo possibilità di espressione, di discussione, di apprendimento, di confronto. Ha offerto un dialogo per “pensare” e “amare” ed è anche grazie ai suoi scritti che più donne parlano oggi ad altre donne e più donne insieme parlano agli uomini. Ha voluto penetrare il mistero della donna e ne ha intuito il dono e la ricchezza: quel dono che Egli ha appunto chiamato “genio femminile”. Il nostro ruolo, o meglio, la nostra missione è quella di mettere a disposizione della Chiesa il nostro “genio”.

Il “genio della donna”: qual è il significato che San Giovanni Paolo II vi attribuisce?

Ecco come Egli lo descrive "La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in modo speciale l’uomo, l’essere umano [...] proprio a motivo della sua femminilità [...]. La donna è forte per il fatto che Dio “le affida l’uomo”, sempre e comunque [...]. I nostri giorni attendono la manifestazione di quel “genio” della donna che assicuri la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo".

“Genio”, non identificato con il tradizionale stereotipo della femminilità, ma come espressione al femminile del triplice munus (sacerdotale, profetico, regale) e come partecipazione e coinvolgimento delle donne in vari ambiti (arte, scienza, economia, salute, religione, cultura, politica...) attraverso l’apporto specifico della loro femminilità.

Genio come arte: arte femminile di amare, lavorare, guidare, soffrire, educare, dare la vita, far crescere. Genio come “specifico” dell’essere della donna che, particolarmente nella Chiesa, deve trovare «spazi, tempi e modi di esprimersi sia perché la donna nella sua iconicità di vergine-sposa-madre è paradigmatica in ordine alla fedeltà-fecondità della Chiesa tutta, sia perché la donna assolve – sull’esempio di Maria – quella diaconia materna verso i nuovi figli di Dio e della Chiesa affidati in modo forte alle sue cure.

Ecco perché l’affidamento, il prendersi cura, diventa l’idea centrale, portante, negli scritti del Papa: «[...]. La donna è forte per la consapevolezza dell’affidamento, forte per il fatto che Dio “le affida l’uomo”, sempre e comunque [...]. I nostri giorni attendono la manifestazione di quel “genio” della donna che assicuri la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo».

In che ambiti servirebbe una maggior valorizzazione del genio femminile?

Non credo sia importante segnalare un ambito preciso. Penso si debba andare più in profondità. E’ palese che il genio della donna non ha ancora detto tutto alla storia dell’umanità, pertanto è quanto mai urgente invocare quel “supplemento d’anima” di cui la donna è portatrice per camminare speditamente verso quell’umanesimo integrale che non diventerà tale finché sarà claudicante al maschile.

L'esercizio, da parte della donna, di questa sua vocazione ha un particolare valore in questa nostra epoca, dominata dai successi della scienza e della tecnica, che favorisce alcuni con un livello di benessere mai prima raggiunto, ma svantaggia o esclude tanti altri (coloro che Papa Francesco chiama “gli scarti”). Cito: «Questo progresso unilaterale può comportare anche una graduale scomparsa della sensibilità per l'uomo, per ciò che è essenzialmente umano. In questo senso, soprattutto i nostri giorni attendono la manifestazione di quel genio della donna che assicuri la sensibilità per l'uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo!».

Le donne di fatto sono le protagoniste della vita delle nostre comunità...

Non voglio limitarmi a descrivere i fatti, desidero scavare più a fondo. Di fronte alle logiche dominanti di una società dell'efficienza, del possesso, della ricerca del benessere, dell’indifferenza, quello della donna è il carisma del “testimone” secondo il Vangelo. Se infatti essa mette in gioco il “suo genio”, vive fino in fondo la sua vocazione, testimonia nella Chiesa e nella società il primato della persona; il valore delle relazioni interpersonali vissute nella gratuità, la prevalenza dell'essere sull'avere, sull'apparire, sul fare. Io credo che per la donna vivere il “proprio genio” significa accettare di rendere testimonianza a questi valori grandi, ma purtroppo non vincenti. Valori vissuti fino allo “stabat” sotto la croce alla Vergine Madre Maria.

Ci sono spazi “nuovi” per le donne nella Chiesa?

Sono convinta dell’urgente necessità di offrire spazi alle donne nella vita della Chiesa – come si è augurato Papa Francesco – tenendo conto delle specifiche e mutate sensibilità culturali e sociali. A mio avviso, è auspicabile una presenza femminile più capillare ed incisiva nelle comunità parrocchiali, nelle responsabilità pastorali, nell’accompagnamento di persone, famiglie e gruppi, così come nella riflessione teologica. Alla donna, infatti, appartiene in modo del tutto peculiare – anche se non esclusivo – l’attitudine ad accogliere, a custodire, a far crescere, e nulla di ciò che riguarda la vita, la vita umana in particolare, anche la vita spirituale, le è estraneo.

Spazi nuovi e compiti nuovi?

La nostra esperienza di vita ci dice che ad ogni dono corrisponde un compito. Orbene, anche al dono della femminilità corrisponde un compito: ogni donna deve conquistare, costruire la propria femminilità ed è specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno, nella ferialità, che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita – prendersi cura -, lei che forse ancor più dell’uomo vede l’uomo, perché lo vede con il cuore.

C’è chi riduce l’importanza del ruolo della donna al possibile accesso ai ministeri ordinati...

Questa riduzione, purtroppo, è condivisa da molti: uomini e donne. Vorrei spendere una parola al riguardo facendo riferimento all’introduzione della mia ultima pubblicazione “La donna nella Chiesa e nel mondo”, stesa dal Prof. Giuseppe Mari. “Innanzitutto la fede cristiana è un fattore decisivo in ordine al riconoscimento della dignità e originalità della donna. Tutti sappiamo che – come sempre accade – anche il cristianesimo ha subìto l’influsso culturale, a partire dalla pronunciata attitudine misogina dei Greci. Ma di fronte al fatto – indiscutibile e senza precedenti – che Agostino – cioè un maschio del IV-V secolo – si pone il problema della eventualità che uno dei due sessi si senta trascurato da Dio, misuriamo l’enorme portata della rivoluzione culturale cristiana.

Riporto le parole del Dottore di Ippona il quale dice del Dio incarnato: «affinché nessuno dei due sessi ritenesse di essere stato disprezzato dal suo Creatore, assunse l’aspetto di un uomo e nacque da una donna» (La vera religione, 16, 30; Roma, Città Nuova, 1995, p. 57). Sono parole importanti perché, mentre identificano l’asimmetria nel coinvolgimento di uomo e donna all’interno della Incarnazione, pongono con la massima evidenza la loro identica dignità.

Sul piano non solo antropologico, ma anche pedagogico, prospettano la sfida che ci attende: educare il ragazzo a diventare uomo e la ragazza a diventare donna avendo chiaro che sono uguali in dignità, ma diversi in identità”. Da qui anche la diversificazione dei ruoli che non risponde alla logica di “maggiore e minore”, ma di “reciproco e complementare”.

Nelle nostre comunità c’è, secondo lei, una sufficiente attenzione ai tempi della vita familiare che, lo sappiamo, ricade maggiormente sulle donne stesse?

Questo è veramente un nodo problematico. A mio avviso bisogna camminare molto per favorire quell’equilibrio che permetta alle famiglie di assaporare una vita familiare intima e felice (anche se ovviamente non facile) e contemporaneamente un impegno lavorativo ed ecclesiale (impegnato e responsabile). Il rapporto di coppia, l’educazione dei figli, le relazioni parentali e amicali, sono valori troppo importanti per essere disattesi. Al riguardo è esplicito il Documento pontificio Amoris laetitia, che auspica un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali perché in ogni rapporto sociale sia salvaguardato il bene primario e superiore della famiglia.

Che cosa può insegnare l’approccio della Chiesa sul ruolo della donna nella cultura contemporanea?

Paolo VI nella Evangelii nuntiandi afferma: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Questo grande Pontefice, figlio della terra bresciana, chiama tutti noi – donne e uomini credenti – a testimoniare concretamente - in ogni circostanza di vita - il rispetto per la dignità di ogni donna e a valorizzare il genio della maternità per essere aperti ad accogliere e a salvaguardare la vita sempre.


REDAZIONE 09 mar 2017 12:54