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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 22 set 2017 08:12

Alzheimer: aiuti alle famiglie

È stata celebrata ieri la 24esima Giornata mondiale per sensibilizzare su tutte le problematiche che questa forma di demenza porta con se, su tutte il peso che si trovano ad affrontare le famiglie spesso lasciate sole. La preziosa presenza dell'Irccs San Giovanni di Dio dei Fatebenfratelli a Brescia

C’è un dato che più di ogni altro è stato ribadito ieri, in occasione della 14esima Giornata mondiale dell’Alzheimer: l’80% delle persone affette da demenza sono assistite a casa da familiari che, spesso, sono lasciati soli nella gestione del malato.

“Per questo – spiega Orazio Zanetti, primario dell’Unità operativa Alzheimer dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) San Giovanni Di Dio Fatebenefratelli - noi organizziamo corsi di formazione dedicati a parenti, badanti, volontari, operatori, per offrire spunti di riflessione e indicazioni per affrontare i complessi problemi assistenziali, pratici e legali legati a questa malattia”. Solo chi ha un malato di Alzheimer in famiglia sa quanto siano complessi: persone care, con cui abbiamo vissuto una vita che non ci riconoscono, che compiono gesti inimmaginabili, che mettono a dura prova l’equilibrio emotivo e psicologico di chi li assiste.

La famiglia è il cardine dell'assistenza alle persone colpite da demenza e, al di là degli aiuti pubblici e sanitari, di fronte all’incremento di malati di Alzheimer (questa malattia rappresenta il 50-60% di tutti i casi di demenza, nel mondo ci sono 46,8 milioni di persone affette da una forma di demenza e in Italia si stima che la demenza colpisca 1.241.000 persone e i costi nel 2015 ammontavano a 37,6 miliardi ) diventa decisivo insegnare alle famiglie dei malati ad aiutarsi, superando l’isolamento in cui una malattia come questa rischia di confinarle.

All’Irccs Fatebenefratelli vengono organizzati da vent’anni gruppi di Auto Mutuo Aiuto. “Sono le famiglie stesse a incontrarsi, coordinate da un operatore specializzato, che fornisce loro gli stimoli giusti per affrontare in gruppo le problematiche tipiche di questa malattia» spiega Silvia Di Cesare, educatrice del reparto Alzheimer e impegnata nei gruppi da oltre dieci anni. Quest’attività offre ai care-givers l’opportunità non solo di aiutare se stessi, ma agisce nell’aiuto reciproco e contribuisce a superare momenti difficili della vita. Il gruppo stimola e potenzia le capacità individuali e attiva, per il bene comune, le risorse molteplici dei suoi membri. Le potenzialità del gruppo possono aiutare a superare sentimenti di solitudine e isolamento, aiutare a dare sfogo al proprio dolore e alle proprie paure e speranze. Inoltre, amplificano l’informazione e l’educazione reciproca, rafforzando le capacità personali per affrontare nel miglior modo possibile i problemi che la cura di una persona affetta da demenza incontra nella quotidianità.

Il Fatebenefratelli di Brescia è l’unico Irccs specializzato nelle malattie mentali, svolge sia attività scientifica (70 ricercatori) che di cura e dispone di un’unità operativa Alzheimer con 40 posti letto di degenza e di un’Unità di macro attività ambulatoriale ad alta complessità assistenziale (Mac) che prevede 25 ulteriori posti letto e segue 500 pazienti all’anno.

Considerazioni più o meno analoghe sono giunte anche da altre realtà che si occupano, in Italia, del sostegno dei pazienti affetti da questa patologia e delle loro famiglie. Il numero delle persone affette da demenza è in crescita ma le strutture a loro dedicate sono in calo”, ha spiegato Maria Grazia Giordano di Sos Alzheimer, durante il convegno “I numeri della demenza di Alzheimer in Italia. Dalla diagnosi all’assistenza”.

In Italia sono 600mila le persone affette da Alzheimer. Una commissione internazionale composta da 24 esperti di malattie neurodegenerative ha determinato che un caso di demenza su tre può essere prevenuto modificando il proprio stile di vita sin dalla gioventù. Nel mondo 47 milioni di persone soffrono di qualche forma di demenza e secondo i ricercatori, coordinati da Lon Schneider, docente all’Università della California del Sud, saranno 66 milioni nel 2030 e 115 milioni nel 2050. Secondo l’indagine si può abbattere il rischio di ammalarsi del 20% studiando da giovani e alimentandosi in maniera sana ed equilibrata, al fine di prevenire problemi come l’ipertensione. Il rischio può essere ridotto di un ulteriore 15% facendo attività fisica e favorendo i contatti sociali. Dalla ricerca emerge che gli interventi psicologici, sociali e ambientali, come ad esempio un aumento dei contatti con altre persone, offrono benefici maggiori rispetto ai semplici farmaci. Tra i fattori che aumento invece il rischio di demenza vi sono il basso livello di istruzione, il mancato trattamento della perdita di udito, l’ipertensione, l’obesità, il vizio del fumo, il diabete e l’isolamento. Il 35% delle diagnosi di demenza scaturisce da uno di questi fattori.

“Chiediamo alle istituzioni contributi economici alla famiglie indigenti. Vogliamo che siano, stanziate risorse per formare personale specializzato che aiuti all’interno della casa i familiari e il malato. Non devono essere persone a cui parcheggiare il paziente ma devono avere delle loro competenze”.

MASSIMO VENTURELLI 22 set 2017 08:12