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Brescia
08 gen 2015 00:00

Don Corazzina: strada ancora lunga

Il commento al Te Deum di don Fabio Corazzina

Don Fabio Corazzina dal 2009 è parroco di Santa Maria in Silva in Brescia. Nelle scorse settimane, insieme ad Anne Zell, pastora della Chiesa valdese, aveva firmato una lettera in cui sottolineavano come i cambiamenti conosciuti dalla società imponessero di parlare di “diversi tipi di famiglie”. Questo il suo commento a quanto detto dal Vescovo in occasione del Te Deum: “Rispetto alle parole di mons. Monari vorrei condividere tre considerazioni e tre domande conseguenti. La prima: il nostro Vescovo, saggiamente, ripropone la visione emersa nei documenti del Sinodo sulla famiglia (tutt’ora in via di svolgimento) preoccupato di una emergente marginalizzazione sociale, culturale, giuridica e vocazionale della famiglia. Come mai non riusciamo ad affascinare i giovani al progetto di famiglia che condividiamo? È solo “colpa” di un mondo che ci attacca oppure è un problema educativo e di testimonianza delle comunità e famiglie cristiane? Questa, invece la seconda considerazione: la visione proposta è la prospettiva cattolica ma poco spazio intravedo di dialogo e volontà di costruzione comune in una realtà che correttamente è descritta come laica e plurale. Come faremo a crescere dentro questa città, dentro Brescia, plurale e laica? Sarà sufficiente ribadire la nostra posizione? (senza dimenticare, come già ricordavo che 3/4 della popolazione di Brescia non rientra nella categoria di famiglia tradizionale).

Come ci dobbiamo rapportare con tutto il resto della società? Combatterli, escluderli, criticarli? O che altro? Come, dove e con quale metodo impareremo a collaborare e proporci obiettivi comuni e costruire insieme strutture sociali complesse per il bene di tutti? Stiamo elaborando, come diocesi, un progetto pastorale missionario, saremo capaci di definirlo senza partire da una posizione di potere e di maggioranza (che non esiste)? E, per ultimo: “Il problema nasce quando la rivendicazione degli spazi di libertà e di realizzazione del singolo viene avanzata senza attenzione agli effetti che questa rivendicazione ha sulla vita degli altri. Libertà personale e responsabilità sociale non sono contraddittorie e nemmeno estranee una all’altra”. Forse questo è il cuore del lavoro che siamo chiamati a fare, come uomini e donne, come cristiani e come sacerdoti e pastori. Non slegare mai la libertà personale dalla responsabilità sociale, lo sguardo alle singole persone dal progetto di umanità, la testimonianza in questo mondo (qui e ora) e la costruzione del Regno di Dio.

Quale sarà l’azione pastorale di una Chiesa, di una Diocesi, di una Parrocchia collocata dentro e non fuori questa società e mondo? Oltre che antropologica, dottrinale ed etica la proposta deve essere pastorale. In altri termini: per me, come pastore, non è sufficiente ribadire in parrocchia i valori non negoziabili ma trovare il modo di annunciare il Vangelo e il Regno di Dio che traspare fondamentalmente dalla mia/nostra vita quotidiana e concreta. La strada è ancora lunga!
08 gen 2015 00:00