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Boston
di UMBERTO ZILIANI 17 ott 2016 09:31

"Mio padre, Beppe Viola"

Il 17 ottobre del 1982 moriva, a 42 anni, il giornalista Beppe Viola, che ebbe il merito di cambiare il modo di svolgere la professione. In occasione dell'anniversario, la figlia Marina Viola ricostruisce il ricordo del padre, tratteggiato bene nel libro “Mio padre è stato anche Beppe Viola”, al quale oggi chiederebbe volentieri un abbraccio

Che padre era Beppe Viola, quando non era allo stadio o in onda? In che modo riusciva a incanalare, nella vita quotidiana, tutto il genio e l’esuberanza che poi sprigionava in ogni cosa? Nel libro “Mio padre è stato anche Beppe Viola” c’è una grande storia famigliare e sportiva. La racconta bene Marina Viola, una delle quattro figlie del grande giornalista sportivo Beppe Viola morto a soli 42 anni il 17 ottobre del 1982. Marina vive a Boston dove si era trasferita in giovane età per studiare sociologia, ma poi nella vita ha fatto tutt’altro, non la sociologa. Nel testo, edito da Feltrinelli nel 2013, ci sono parecchi aneddoti sulla vita familiare con un papà super creativo capace di svegliare le figlie alle tre del mattino per far vedere loro un paio di scarpe appena comprate o di quando faceva attraversare alle figlie da sole la città di Milano. Nel 2015 Marina ha scritto, per Rizzoli, anche “Storia di un bambino perfetto” dove descrive il rapporto instaurato con il figlio Luca, un ragazzo autistico.

Cosa ha significato per lei scrivere questo libro?

Ho scritto questo libro perché mi accorgevo che i ricordi di mio padre si stavano a poco a poco allontanando e ho pensato che scrivendoli avrei sempre potuto andarli a rivisitare.

Suo padre Beppe era un giornalista sportivo, ma forse, vista la sua creatività, era un po’ tante cose: scenografo, scrittore, attore… un genio o un artista?

Nessuno dei due, credo. Era una persona con un grande talento e un grande fiuto nel trovare le persone giuste con cui condividerlo. Ha lavorato durante un periodo in cui Milano aveva voglia di creare un modo nuovo di comunicare, di far ridere, di cantare o semplicemente di scrivere di sport.

Marina lei vive in America, ha occasione di seguire la televisione italiana?  Se sì, vede qualche Beppe Viola nel panorama giornalistico?

Purtroppo non seguo né la televisione italiana né quella americana, perché non ho una televisione! E comunque non seguirei lo sport, per cui purtroppo non so come rispondere. Però credo che ogni generazione abbia i propri talenti, che non sono necessariamente uguali a quelli delle generazioni precedenti.

Ero pronto a chiederle cosa avrebbe pensato suo padre del calcio moderno?

Ah! Non ne ho la più pallida idea. Come dicevo, non seguo lo sport e quindi non so giudicare. Immagino però che sia difficile oggi poter fare un’intervista a un giocatore famoso sul tram, come lui fece con Rivera. Forse da quello che sento dire, c’è più distacco fra i giocatori e il proprio pubblico.

Cosa si ricorda di quel 17 ottobre 1982?

Ricordo la telefonata di un suo collega che annunciava che mio papà era stato male. Mia madre lo raggiunse in ospedale e noi rimanemmo a casa con un amica.

Di quella Milano raccontata da suo papà anche in “Vite Vere” è rimasta in contatto con qualcuno di quei personaggi che Beppe amava frequentava al bar?

Qualcuno, tanti sono morti o non sono raggiungibili. Rimaniamo sempre molto legati a Giuliano, un amico di mio padre di cui parlo nel libro a cui vogliamo molto bene.

Ieri, ai tempi di “Vincenzina davanti alla fabbrica”, Beppe intervistò Gianni Rivera su un tram dell’Atm che per il periodo fu una cosa molto stravagante. Oggi, secondo lei, dove Beppe Viola farebbe la sua intervista più stravagante e a quale giocatore?

Mi piacerebbe poter rispondere, perché significherebbe che io e mio padre pensiamo nello stesso modo.  Purtroppo non ho la più pallida idea! Lui era una persona stravagante che pensava fuori dalle righe e sicuramente avrebbe stupito tutti, me compresa.

Vive in America da tantissimi anni, cosa le manca dell’Italia che segue da lontano?

Dell’Italia mi manca Milano e tutto quello che c’è dentro: i miei affetti, i miei ricordi e una famigliarità che qui non riuscirò mai a raggiungere. Grazie ai social network, però riesco a rimanere in contatto con Milano e le persone che mi interessano di più e in qualche modo mi manca molto meno.

Che domanda farebbe a Beppe Viola?

Beppe Viola è un personaggio che conosco poco. Conosco molto meglio mio padre, a cui chiederei un abbraccio.

UMBERTO ZILIANI 17 ott 2016 09:31